
Ore a piedi: 2.15
Difficoltà: T - Turistico
Ulteriori dettagli , Mappa e GPX
A volte si è portati a sottovalutare ciò che ci circonda, abituati a dare per scontato anche le meraviglie più vicine. Eppure, basta una passeggiata tra i boschi nei pressi di Monterovere per ricredersi. Il Biotopo di Malga Laghetto è un piccolo tesoro di origine postglaciale, immerso in un incantevole bosco di conifere lungo la strada che collega Lavarone a Luserna. In primavera regala uno spettacolo unico: ninfee e nannuferi che fioriscono silenziosi sull’acqua, trasformando questo luogo in un angolo di quiete e bellezza autentica.
Il biotopo è l'inizio e la fine di questo percorso che ci porta a riscoprire il bosco ed il suo delicato ecosistema.
Il "Sentiero dei Giganti" è ben segnalato e si percorre in senso antiorario.
Dal parcheggio, attraversata la strada le indicazioni ci fanno svoltare a destra al primo incrocio.

Inizio del percorso

Fontana all'inizio del percorso

Indicazione del sentiero
Ad un successivo incrocio si scende leggermente sulla strada a destra attraversando una pista da sci.

Si prosegue sulla strada a destra

Attraversamento della pista da sci
Rientrati nel bosco il sentiero lascia la strada sterrata salendo verso sinistra. Purtroppo qui il cartello è steso a terra.

Prendere il sentiero a sinistra
Il percorso incrocia la strada che porta a Luserna che va attraversata con cautela per la mancanza di strisce pedonali per poi continuare nella sua salita.

Incrocio con la strada che porta a Luserna

Dettaglio del sentiero
Lungo il sentiero, tra i fusti imponenti degli abeti, si apre il preludio alle alte conifere che dominano il bosco.
Il vento, lieve, che scuoteva le loro cime, ci permetteva di ascoltare la loro voce: un sussurro antico, come un racconto o forse un saluto, rivolto a chi cammina tra di loro con rispetto e attenzione.

Al cospetto dell'abete
Lungo il percorso si trovano delle tabelle informative riportate nella sezione Storia e Natura e Ambiente.

Dettaglio del percorso
Il sentiero prende un'improvvisa deviazione a sinistra per darci la possibilità di vedere come un tempo veniva prodotta la calce nella Calchèra.

Verso la Calchèra

Calchèra
Si attraversa un'altra strada sterrata per poi sbucare in una piazzola con diversi incroci ed un'area di sosta.

Attraversamento della strada

Dettaglio del percorso

Area di sosta
Si prosegue verso nord lungo la strada che si stacca sulla destra dalla strada principale.

Dettaglio della strada di destra
Altre indicazioni ci fanno uscire sulla destra dal sentiero principale.

Dettaglio dell'incrocio, svoltare a destra
Questa parte di sentiero ci fa attraversare il confine tra Lavarone e Luserna delineato da un muretto a secco.

Dettaglio del sentiero verso il confine

Dettaglio del muretto di confine
Il sentiero attraversa delle zone probabilmente utilizzate nella Grande Guerra per degli accampamenti militari.

Dettaglio del sentiero

Zona di baraccamenti
Guardandosi intorno (perché non siamo qui solo per camminare, ma per vivere un’esperienza) si possono cogliere anche dettagli insoliti, come questa piccola vasca formata all'interno di un abete.

Insolito dettaglio
Dopo qualche tornante si arriva alla zona delle casermette, una zona che nel periodo bellico era dedicato al primo soccorso dei feriti.

Verso le casermette
Le tracce di come poteva essere questo complesso non sono molto evidenti, al suo posto ci sono delle panchine ...

Zona ristoro
La struttura più intatta è la cisterna d'acqua.

Cisterna

Interno della cisterna
Passando vicino alla cisterna il percorso prosegue in salita per ancora poche decine di metri fino a sbucare su una strada bianca dove si prosegue a sinistra verso nord.

Dettaglio del sentiero

Ricovero in grotta

Dettaglio della strada
Poco prima di incrociare una pista da sci, il sentiero scende ripido a sinistra. Anche qui la tabella non è molto evidente.

Dettaglio della strada verso la pista da sci

Inizio della discesa
Il sentiero scende con qualche tornante fino a terminare su un'altra strada. Qui si prosegue a destra.

Proseguire a destra
Attraversato l'impianto di risalita si rimane sulla strada che scende a sinistra.

Dettaglio del percorso vicino all'impianto di risalita
La strada, nel punto più ripido, è stata cementata. All'incrocio si esce a sinistra per proseguire su un sentiero. Il percorso supera la pista da sci. L'erba alta nasconde un po' la direzione, ma la pista va attraversata ritrovando poi una segnaletica del sentiero dall'altra parte.

Proseguire a sinistra

Attraversamento della pista da sci
Il sentiero prosegue nel bosco passando vicino ad una risorgiva ed un'area di sosta.

Dettaglio del percorso

Nei pressi di una risorgiva

Area di sosta
Si prosegue passando nei pressi di una rete che delimita un'area recintata. Anche qui l'erba alta nasconde un po' il sentiero che passa a pochi metri dalla strada che unisce Lavarone al Vezzena.

Dettaglio dell'area recintata

Sentiero lungo la rete
Il sentiero termina nella strada che porta verso Luserna e si prosegue a destra verso l'incrocio di Monterovere.

Termine del sentiero verso Monterovere
Poco prima degli edifici il percorso prosegue a sinistra. Con una brevissima deviazione si può visitare la chiesetta di San Rocco.

Verso Monterovere

Chiesetta di San Rocco
Dietro al ristorante di Monterovere il sentiero scende su delle scalette in pietra.

Inizio del sentiero

Dettaglio del sentiero con le scalette in pietra

Dettaglio del percorso
Il sentiero termina in prossimità dei resti dell'Avez del Prinzipe, un monumentale abete bianco caduto nel 2017 con un'altezza stimata di più di 52 metri e con circa 250 anni di età!

Dettaglio del sentiero

Area di sosta nei pressi dell'Avez del Prinzipe

I resti dell'Avez del Prinzipe
Proseguendo verso sud si arriva in pochi minuti al punto di partenza.

Dettaglio del percorso

Dettaglio del percorso

Laghetto

Verso la fine del percorso
Come si raggiunge:
Da Lavarone (TN) si prosegue sulla SS349 verso Passo Vezzena - Asiago. Dopo circa 4 km si seguono a destra le indicazioni per Malga Laghetto e dopo 650 metri si arriva al parcheggio.
Mappa e traccia GPS:
SCHEDA PERCORSO | |
---|---|
Zona: | Alpe Cimbra, Tonezza, Arsiero |
Provincia / Comune: | Trento / Lavarone |
Categoria: | Montagne, Sacrari, Cimiteri e Lapidi di Guerra, Varie |
Tipologia: | Naturalistico, Paesaggistico, Storico |
Periodo storico: | Prima Guerra Mondiale |
Coordinate punto di arrivo: | 45.958623 - 11.297912 (45°57'31" N - 11°17'52" E) |
Coordinate parcheggio: | 45.955152 - 11.299544 (45°57'18" N - 11°17'58" E) |
Altitudine di partenza (m): | 1193 |
Altitudine di arrivo (m): | 1511 |
Altitudine minima (m): | 1193 |
Altitudine massima (m): | 1511 |
Dislivello (m): | 318 |
Difficoltà del percorso: | T - Turistico |
Ore a piedi:(complessive, esclusa visita) | 2 ore 15 minuti |
Km totali: | 6,40 |
Come si raggiunge: | A piedi |
Tipo di tragitto: | Percorso ad anello |
Storia:
(tratta dai tabelloni in loco a cura di Groazan von Balt )
Calchèra
Con questo termine dialettale si indica un manufatto un tempo relativamente comune nei boschi degli altipiani cimbri. Si tratta di una costruzione in pietra a pianta circolare, simile a un enorme paiolo rovesciato, dotata di un'unica apertura alla base per l'accesso.
La struttura, priva di altre aperture, veniva completamente interrata, risultando visibile solo davanti all'ingresso.
All'interno venivano disposti, in strati alternati, sassi calcarei e legna. La legna veniva incendiata, trasformando i sassi in una sorta di forno rudimentale.
Al termine della combustione, che durava circa una settimana, si ottenevano pietre "cotte" facilmente riducibili in polvere, note come calce. Questo materiale, un tempo, sostituiva il moderno cemento.
La presenza di tali manufatti testimonia l'abbondanza sia di legname che di roccia calcarea idonea all'uso. Le calchère rimasero attive fino all'immediato primo dopoguerra, quando iniziò la diffusione del cemento.
I Cimbri e Luserna
Quello appena attraversato è un confine comunale, un tempo segnalato da grandi cippi di pietra con incisa la data di posa, alcuni dei quali sono ancora al loro posto. Spesso, lungo i confini venivano eretti muretti a secco oppure recinzioni realizzate con lastre di pietra calcarea estratte da cave locali e disposte in verticale, le cosiddette "stuaplattn" in lingua cimbra. Queste venivano utilizzate anche per delimitare i pascoli privati.
Il territorio comunale che state per attraversare è quello di Luserna, l'unico paese dell'Altopiano che ha conservato intatta l'antica lingua cimbra, un idioma germanico risalente all'Alto Medioevo. Proseguendo lungo il percorso, incrocerete il sentiero "Sulle tracce dell'orso - Afte tritt von peer". L'orso infatti, nella cultura cimbra, è considerato un animale sciamanico.
Dai cartelli informativi, scritti in italiano e in cimbro, potrete scoprire il valore inestimabile di questa lingua, sopravvissuta al trascorrere di oltre mille anni e che porta con sé un tesoro di storia e tradizione.
L'amministrazione di Luserna ha deciso di lasciare a libera evoluzione (nessun intervento selvicolturale), la superficie di quasi un'intera particella produttiva forestale (oltre 10 ettari). È l'area dove il sentiero dei giganti sta per inerpicarsi e dove da oltre 30 anni non è stato tagliato alcun albero.
In questo luogo dimorano oltre 100 giganti, miracolosamente scampati a un taglio di sgombero di alberi enormi, previsto oltre 30 anni fa, ma fortuitamente non portato a termine. Un'intera area superstite di Abeti vetusti plurisecolari, quasi a testimoniare l'aspetto della foresta primigenia. Non ci siamo ancora alle sembianze della foresta vergine alpina di abeti, ormai non più esistente in alcun luogo. Ma tra 50-100 o più anni (il tempo ormai non conta più), quando questo prezioso lembo di bosco, fertile e rigoglioso, sarà inserito nelle foreste "vetuste” europee, avrà raggiunto l'aspetto di quella che doveva essere la foresta vergine alpina.
È il cuore segreto di questo percorso, un luogo dove entrare in punta di piedi, in silenzio... Qui si respira un'aria intrisa di inconsueta maestosità. Gli alberi vibrano, trasmettono suoni, vociferano; riflettono un'alchimia di luci e colori irripetibile. Anche il sottobosco lo testimonia. Osservate il muschio; il suo incredibile color smeraldo è più penetrante, è inconsueto, va oltre, è fatato... In silenzio, in punta di piedi... grazie per essere qui!
Le Casermette
Durante la Prima Guerra Mondiale, il confine tra l'Impero Austro-Ungarico e il Regno d'Italia attraversava questa area, segnando la linea del fronte. Il fronte degli Altipiani fu uno dei più violenti e sanguinosi. Le popolazioni locali furono evacuate verso la Moravia o l'Alta Austria e poterono rientrare solo cinque anni dopo per avviare la difficile ricostruzione.
In questo luogo, parzialmente protetto dal tiro delle artiglierie italiane, sorgevano strutture fisse destinate al coordinamento e al primo soccorso.
Queste costruzioni, realizzate interamente in tronchi di legno, sono ormai scomparse, lasciando come unica testimonianza i basamenti in cemento.
Dell'unico edificio in muratura rimangono solo pochi frammenti situati appena a monte della strada provinciale.
Il centro logistico principale era ubicato in località Seghetta, a Monterovere, mentre a Lavarone, nella frazione di Slaghenaufi, si trovava un imponente e ben attrezzato ospedale da campo. Il comando del fronte aveva sede invece in località Virti sotto il comune di Folgaria.
Il fronte era servito da vie di collegamento davvero impervie, soprattutto per i pochi mezzi disponibili all'epoca: La strada del Menador (un'opera militare detta "Kaiserjägerstrasse"), la Val Careta, di costruzione civile, e un sistema di teleferiche che risaliva dalla Valle dell'Adige.
Monterovere
Situata nelle immediate retrovie del fronte della Prima Guerra Mondiale, la conca di Monterovere costituì durante la Grande Guerra il fulcro logistico per le truppe austro-ungariche. Qui giungevano sia la teleferica che saliva da Caldonazzo, sia l'ardita strada che proveniva dal Menador (la cosiddetta Kaiserjägerstraße), oltre alle vie tuttora esistenti che conducono a Luserna e Vezzena. Nelle vicinanze (in località Seghetta) si trovavano baraccamenti adibiti a magazzini. Inoltre, vi era una centrale telefonica che permetteva il collegamento tra tutte le sette fortezze dell'altopiano, le quali costituivano la cintura fortificata. Pensare che questi boschi abbiano sofferto a causa dei bombardamenti e del disboscamento necessario per far fronte ai consumi della guerra ci fa riflettere su quanto siano stati fortunati i grandi alberi a sopravvivere ed arrivare ai giorni nostri.
Qui vicino possiamo trovare la chiesetta dedicata a San Rocco, eretta dalla comunità di Caldonazzo nel 1884.Il luogo e il culto ci ricordano quanto fosse radicata anche nel popolo trentino una fiduciosa devozione al santo degli "appestati", onorato anche per la sua spiritualità di pellegrino. L'albergo Monterovere durante la guerra 15-18 venne utilizzato come punto d'appoggio del vicino ospedale militare per ricoverare i feriti gravi.
Natura e Ambiente:
(tratta dai tabelloni in loco a cura di Groazan von Balt )
Il bosco
II Bosco rappresenta un habitat ricco di biodiversità. Questo ambiente è infatti caratterizzato da molteplici specie vegetali e animali che si sono adattate alle difficili condizioni climatiche che offre la montagna.
Un Complesso Ciclo di Vita
La foresta segue un ciclo naturale in cui tutte le forme di vita presenti sono interconnesse. Gli alberi giovani germogliano e crescono, diventano adulti e raggiungono la loro piena maturità. Con il passare del tempo, però, anche gli alberi più robusti invecchiano e, una volta indeboliti da agenti esterni, meteorologici o parassitari, muoiono. Questa morte non rappresenta affatto una perdita, bensì una parte fondamentale del ciclo della vita. I tronchi cavi e secchi diventano rifugi cruciali per molte specie animali, come insetti, uccelli e piccoli mammiferi, che trovano in essi un rifugio sicuro.
Quando questi tronchi cadono al suolo, il loro processo di decomposizione, alimentato dall'azione di microrganismi e funghi, arricchisce il terreno di composti nutritivi. Questi nutrienti, a loro volta, favoriscono la crescita di nuove piante, continuando a sostenere la biodiversità e la vitalità dell'ecosistema forestale. In questo modo, la morte di un albero non segna la fine, ma piuttosto un passo importante nel perpetuarsi del ciclo vitale che sostiene la foresta.
Ruolo del bosco
I molteplici benefici che il bosco offre rientrano nei cosiddetti Servizi Ecosistemici, che comprendono una vasta gamma di funzioni vitali per l'ambiente e per l'essere umano. Il bosco rappresenta una fonte fondamentale di sostentamento e rifugio per la fauna selvatica oltre a fornire legname per l'uomo. Inoltre, il bosco gioca un ruolo cruciale nel contrastare l'erosione del suolo, contribuendo alla protezione del terreno e alla stabilità degli ecosistemi. La sua capacità di assorbire CO2 e liberare ossigeno è essenziale per la regolazione del clima, mentre funge da filtro naturale del terreno, preservando le riserve di acqua e mantenendo l'equilibrio idrico del suolo.
Lungo il sentiero, avrete l'opportunità di scoprire un paesaggio unico, che non solo racconta storie antiche e legami culturali profondi, ma mette anche in luce la fragilità di un ecosistema che ormai necessita di essere custodito e protetto.
Ogni passo ci invita a riflettere sulla relazione tra l'uomo e la natura e sull'importanza di mantenere equilibrata e armoniosa questa connessione.
Gestione Forestale Sostenibile
Cos'è? È un approccio alla gestione delle foreste che garantisce la loro capacità di rigenerarsi, preservando biodiversità, stabilità ecologica e benefici sociali, senza compromettere la salute degli ecosistemi circostanti.
Perché è Cruciale? La gestione forestale sostenibile svolge un ruolo fondamentale nella lotta contro il cambiamento climatico, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra. Le foreste, infatti, agiscono come serbatoi di carbonio; assorbono CO2 dall'atmosfera restituendole ossigeno. Una gestione attenta impedisce la deforestazione e il degrado del suolo, fenomeni che causerebbero il rilascio di enormi quantità di carbonio immagazzinato. Inoltre, favorendo la biodiversità e il rinnovamento naturale, le foreste diventano più resilienti ad eventi avversi come siccità, tempeste, attacchi di parassiti ed incendi. In questo modo, non solo si protegge un'importante risorsa naturale, ma si contribuisce a mantenere l'equilibrio climatico globale, garantendo anche la disponibilità di risorse e servizi ecosistemici per le generazioni future.
Il taglio di alberi, il loro allestimento e il prelievo dei rispettivi tronchi è soggetto a una serie di regole e normative. Le prescrizioni e le modalità di intervento sono contenute in uno specifico Piano di Assestamento Forestale che i proprietari dei boschi (siano essi pubblici o privati di una certa dimensione), devono rigorosamente rispettare. Esso ha una validità decennale e contiene la cronologia degli interventi selvicolturali che dovranno essere adottati per ogni singola unità boschiva (la particella forestale).
Il criterio di base che mira al prelievo di determinati alberi è la rinnovazione naturale del bosco, ossia favorire la nascita spontanea di nuove piantine forestali, mediante il taglio di piante deperienti, malate, malformate e in concorrenza con quelle vicine, mature od ormai senescenti. In pratica, se l'azione selvicolturale viene eseguita correttamente, l'uomo effettua ciò che naturalmente sarebbe avvenuto nell'arco di qualche anno.
Secondo questi criteri, che nel loro insieme sono definiti come "selvicoltura naturalistica", l'uomo ottiene una ideale produzione di materia prima legnosa, massimizzando allo stesso tempo tutte quelle che sono le altre funzioni del bosco (ecosistemica, paesaggistica, turistica, di protezione del suolo, ecc.).
La scelta degli alberi che dovranno cadere al taglio, viene effettuata dal funzionario forestale per singoli individui o piccoli gruppi, osservando ogni albero della particella forestale, e senza intervenire pesantemente con tagli a raso ed eccessive aperture, come avviene invece nelle tipologie di selvicoltura meramente produttiva (intensiva), a discapito delle altre funzioni del bosco.
Un ecosistema da proteggere
In natura ogni elemento è strettamente interconnesso. Ogni essere vivente, che sia pianta, animale o microrganismo, tesse un reticolo di relazioni complesse con gli altri e nessuna forma di vita può esistere isolata. Le interazioni biologiche, che si verificano tra le diverse specie e all'interno degli ecosistemi, sono ciò che regola gli equilibri naturali. Queste relazioni, che comprendono la predazione, la simbiosi, la competizione e il ciclo dei nutrienti, sono alla base della stabilità e della resilienza degli ecosistemi.
Proteggere la biodiversità non significa solo salvaguardare le singole specie, ma preservare l'intero sistema di interazioni che consente a questi equilibri di mantenersi. La perdita di biodiversità infatti, minaccia la capacità degli ecosistemi di autogestirsi e di adattarsi ai cambiamenti, compromettendo la loro offerta di risorse vitali come l'acqua, l'aria pulita e il cibo. Inoltre, ogni ecosistema è una testimonianza della storia della Terra, portando con sé millenni di evoluzione e adattamento. Preservare questa ricchezza di vita non è solo un imperativo ecologico, ma anche un atto di rispetto verso il nostro patrimonio naturale, che ci offre un legame profondo con il passato e una base solida per il futuro.
Una Foresta Biodiversa
Gli altipiani cimbri, grazie al loro particolare microclima, ospitano una flora alpina straordinariamente diversificata. I boschi misti, composti da abeti rossi (Picea abies) e bianchi (Abies alba), da larici (Larix decidua) e pini (Pinus sylvestris), da latifoglie come il faggio (Fagus sylvatica), gli aceri (Acer spp.), i frassini (Fraxinus spp.), ecc. Essi dominano il paesaggio, creando un ambiente ricco di biodiversità.
Tra le specie tipiche di queste montagne si trovano anche il pino mugo (Pinus mugo), un albero particolarmente adattato a vivere sui crinali più esposti e alle altitudini più elevate e la stella alpina (Leontopodium nivale), una rara e protetta specie floreale che cresce sulle aspre rocce delle vette. Questa varietà di flora rappresenta un perfetto equilibrio tra adattamento e bellezza naturale, rendendo gli altipiani cimbri un tesoro ecologico e paesaggistico da preservare.
Specie Riconoscibili e Preziose
Il sottobosco delle zone alpine è un ambiente ricco e complesso, che ospita una varietà di piante fondamentali per il benessere e la fertilità del suolo. Tra queste, il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) e il rododendro (Rhododendron simsii) sono due delle specie più distintive del territorio; i muschi (Bryophyta spp.) e i licheni ricoprono rocce, terreno e cortecce degli alberi e svolgono un ruolo cruciale nel mantenere l'umidità del suolo, nel proteggere le radici delle piante e nel favorire il riciclo dei nutrienti; arricchiscono inoltre ulteriormente il suolo di composti vitali per la crescita delle altre piante.
Accanto a queste specie, il sottobosco è anche popolato da numerose varietà di orchidee selvatiche (Oprhys bombyliflora), che con la loro bellezza fragile e delicata arricchiscono il paesaggio di notevoli elementi di biodiversità. La presenza di queste piante rare e protette, insieme ad altre specie locali, non solo testimonia la ricchezza di questo ecosistema, ma ne sottolinea anche l'antichità e la stabilità, essendo spesso segno di un equilibrio naturale che si è sviluppato nel corso di secoli. La biodiversità che caratterizza il sottobosco è, dunque, un vero e proprio archivio vivente della storia ambientale del territorio, un patrimonio naturale che merita di essere protetto e conservato per le future generazioni.
Inoltre, la flora degli altipiani rappresenta un habitat essenziale per numerose specie animali, che dipendono dalle piante per il cibo, il riparo e la protezione. La vegetazione, quindi, non solo arricchisce la biodiversità, ma è anche un fattore determinante per la sopravvivenza di molte specie faunistiche. La conservazione di questa flora, con la sua straordinaria capacità di adattamento e resistenza, è quindi cruciale per preservare la salute e la bellezza di questi ambienti naturali. Proteggere le piante autoctone e la loro interazione con l'ambiente è un passo fondamentale per garantire la continuità di un ecosistema che, se mantenuto intatto, sarà in grado di supportare sia la fauna che la stabilità ambientale nel lungo periodo.
Albero "musicale"
Quando un albero diventa quartetto d'archi
"Anima" è un progetto di rigenerazione che unisce la magnificenza della natura con l'eleganza della musica. Testimone silenzioso di secoli di storia, l'abete bianco Avez del Prinzep ha intrapreso, dopo la sua caduta, un percorso di trasformazione in due strumenti: una viola e un violoncello, unici nel loro genere.
Un albero maestoso l'Avez, che ha visto la luce negli stessi anni in cui Wolfgang Amadeus Mozart viveva e componeva, e che ora diventa nuova sinfonia tra storia e natura, celebrando la sua grandezza sotto forma di musica.
www.animaquartetto.it
Perché un viaggio musicale?
Tra i vari manufatti umani, gli strumenti ad arco sono tra i più longevi. Ancora oggi sono in circolazione e in utilizzo strumenti del XVII e XVIII secolo, di cui possiamo conoscere provenienza, fattura e passati proprietari.
Quando il legno dà vita ad uno strumento ad arco di qualità, il suo destino è di continuare a suonare nel tempo."Anima" è un progetto di valorizzazione, nato per dare all'Avez del Prinzep secoli di nuova vita, facendo sì che la sua caduta diventi un perfetto asse di simmetria tra un prima e un dopo.
Ma l'anima esiste davvero?
Se per un uomo l'anima è solo presunta, gli strumenti ad arco ne possiedono una vera e propria: si tratta di un cilindretto che mette in contatto il piano armonico con il fondo dello strumento, assicurando una trasmissione ottimale del suono. L'anima è infatti fondamentale per ottenere la migliore qualità sonora, nonché per garantire l'equilibrio timbrico e l'intensità tra le corde.
Essa inoltre, svolge l'importante compito di aiutare lo strumento a sopportare la pressione delle corde tese, che, nel violino, può arrivare a circa 22 chili.
Anima attraverso i secoli
Ispirandosi ai modelli nati nello stesso secolo in cui l'Avez del Prinzep vide la luce, il liutaio Gianmaria Stelzer ha realizzato un quartetto d'archi particolare e originale.
Il piano armonico è costruito con l'abete bianco più famoso d'Europa, un legno decisamente meno utilizzato rispetto all'abete rosso, noto per le sue proprietà di risonanza. Oltre al piano armonico, questi strumenti presentano altre due caratteristiche distintive: l'anima, che è realizzata anch'essa con il legno dell'Avez del Prinzep e il fatto che gli strumenti sono stati volutamente non verniciati, ma trattati esclusivamente con vernice naturale.
Il ciclo di vita
Chimica tra le piante
A differenza del legno di molte altre conifere, quello dell'abete bianco è leggero e privo di resina al suo interno; quest'ultima si trova infatti solamente in piccole sacche a livello della corteccia. In risposta a ferite, l'abete bianco produce ulteriore resina per cicatrizzare le lesioni e intrappolare i parassiti. Da questa si estrae la trementina, sostanza aromatica ricca di terpeni, dalla cui distillazione si ottiene la pece, utilizzata in musica per migliorare l'attrito tra l'archetto e le corde degli strumenti ad arco.
Anno che va, anello che viene
Gli anelli di accrescimento sono legati all'attività annuale di un strato del tronco chiamato cambio, un tessuto meristematico, deputato alla produzione di nuove cellule, posizionato appena sotto la corteccia.
In base al periodo di formazione il legno ha un colore differente: durante la primavera si ha la crescita di cellule grandi e con pareti sottili che conferiscono al legno una colorazione chiara, mentre il legno estivo appare più scuro e denso, con cellule più piccole e pareti più spesse. Queste cellule costituiscono il tessuto conduttore dell'albero, sono cave e orientate verticalmente come lunghi tubi che collegano l'apice dell'albero alle radici e che consentono il passaggio dei liquidi dal basso verso l'alto.
Lo spessore di ogni anello di accrescimento dipende dalle condizioni meteorologiche dell'anno e dalla specie; ecco perché ogni legno presenta proprietà acustiche differenti!
Si può crescere all'infinito?
Oltre ad aumentare di diametro, gli alberi crescono anche in altezza; alcune specie superano addirittura i 100 metri! Secondo alcuni modelli fisici, infatti, l'altezza massima raggiungibile da un albero è di 130 metri, limite oltre il quale il trasporto di acqua dalle radici alle foglie risulterebbe problematico.
Avez del Prinzipe
Il versante a est del lago è caratterizzato da esemplari di abete bianco di notevoli dimensioni, non a caso il percorso che lo attraversa prende il nome di "Sentiero dei Giganti".
II "principe" di questi alberi era un individuo monumentale denominato Avez del Prinzep il quale, con i suoi 52,15 metri di altezza e i 5,08 metri di circonferenza, vantava il titolo di più grande abete bianco d'Europa. Le stime dopo la caduta gli conferirono un'età di circa 250 anni.
Il nome Avéz (abete bianco) del Prinzep trae origine da una leggenda popolare secondo cui il capo del comune di Luserna, soprannominato "prinzep" per la sua carica e . autorevolezza, affascinato dalla maestosità dell'abete, si oppose al suo taglio e alla vendita non cedendo alle lusinghe offerte dai commercianti di legname.
Un anno prima di Vaia
A novembre 2017, un anno prima della famosa tempesta Vaia, venti molto forti abbatterono l'Avez del Prinzep, il quale, nella caduta, trascinò rovinosamente con sé anche alcuni degli alberi vicini. L'abete si spezzò a circa 3 metri di altezza, cedendo in corrispondenza di un punto in cui il tronco risultava cavo ed indebolito a seguito di una vecchia ferita di origine antropica.
Storie di Resilienza
Nel corso dei decenni, quel tronco danneggiato divenne una porta d'ingresso per diversi organismi come i funghi, noti agenti di carie, e formiche del genere Camponotus, volgarmente dette "formiche carpentiere", che nidificano e scavano gallerie nel legno. Senza quella ferita, il maestoso Avez del Prinzep svetterebbe ancora nelle foreste, spettatore di epoche, di trasformazioni ambientali e dell'evoluzione della società umana.
Da solo o in buona compagnia
L'abete bianco, una delle 58.000 specie arboree attualmente conosciute, è presente spontaneamente nei boschi europei in suoli umidi e freschi. Questa conifera sempreverde è in grado di formare boschi puri o di crescere in associazione ad altre specie come l'abete rosso (Picea abies) e il faggio (Fagus sylvatica).
Bosco
Il bosco circostante è prevalentemente composto da abete bianco e rientra nella tipologia forestale dell'abieteto dei suoli fertili. Questa categoria include le formazioni forestali dominate da abete bianco o con una presenza di almeno il 20-30% di questa specie qualora il bosco sia dominato da abete rosso. In Trentino, l'ambiente ideale per gli abieteti coincide con la fascia montana della zona mesalpica. Si tratta di ambienti piuttosto piovosi o con elevata umidità atmosferica, dove l'abete bianco (Abies alba) predilige suoli fertili e profondi.
In alcune situazioni, l'abete bianco può essere presente anche su suoli relativamente poveri e fortemente drenanti a condizione che questa caratteristica venga compensata da un bilancio idrologico favorevole, quindi in presenza di elevati livelli di precipitazioni.
L'abieteto dei suoli fertili si distingue per uno strato arbustivo dominato dalla Lonicera nigra mentre lo strato erbaceo è principalmente composto da muschi, con una copertura erbacea rada ma varia caratterizzata dalla presenza di felci, dentarie e altre specie a foglia larga, particolarmente esigenti.
Geomorfologia
Dal punto di vista geomorfologico, l'area si presenta come un ampio catino, con altitudini che variano tra i 1180 e i 1240 m s.l.m. ed è caratterizzata da frequenti fenomeni carsici, ossia processi geologici e idrologici che si verificano quando l'acqua agisce su rocce solubili, come il calcare, il gesso o il dolomite. Questo provoca l'erosione, la dissoluzione e la formazione di particolari caratteristiche geografiche. È proprio grazie a questi fenomeni che si sono
formati sia il laghetto che la palude, i quali appartengono rispettivamente ai laghi carsici (formati in depressioni causate dalla dissoluzione delle rocce) e ai laghi di sprofondamento (creati da crolli superficiali del terreno).
Oltre al lago principale, situato al centro dei pascoli a 1186 metri s.l.m., nella parte settentrionale della conca si trova la palude dei Caldonazzani, a 1211 metri s.l.m. Entrambi i corpi idrici sono alimentati dai deflussi superficiali provenienti dai versanti circostanti.
Una caratteristica comune è la notevole variabilità del regime idrico, che può variare drasticamente, passando da uno stato di piena a uno di magra, fino a giungere al prosciugamento totale del bacino. Questo equilibrio idrico è influenzato dall'infiltrazione dell'acqua attraverso le fratture nel fondo roccioso che è reso impermeabile da uno strato di argilla. Questa argilla affiora localmente nelle aree prative e si distingue per la sua colorazione biancastra.
Anfibi
Il termine "anfibio" significa "doppia vita", una definizione che riflette due caratteristiche fondamentali di questi animali. In primo luogo, il loro ciclo vitale prevede che almeno una fase della vita si svolga in ambiente acquatico e la restante parte in quello terrestre. In secondo luogo, la maggior parte delle specie anfibie attraversa una fase larvale dove differisce notevolmente nell'aspetto rispetto alla forma adulta, raggiunta con il processo di metamorfosi.
Tra le specie di anfibi, presenti nell'area del Palù di Monterovere, troviamo il rospo comune (Bufo bufo), la rana montana (Rana temporaria), il tritone alpino (Ichthyosaura alpestris) e la sottospecie endemica salamandra di Aurora (Salamandra atra aurorae), un particolare anfibio alpino presente in pochissime zone tra cui il nostro altopiano. A differenza della comune salamandra nera (Salamandra atra), questa sottospecie presenta una livrea a chiazze che virano dal giallo al color crema sul dorso, mentre il resto del corpo è di colore nero.
La primavera è il periodo ideale per osservare gli anfibi poiché coincide con la stagione di migrazione di massa verso i luoghi di riproduzione. Nei mesi primaverili infatti, gli adulti lasciano i loro rifugi nei boschi per dirigersi verso stagni, paludi e rive dei laghi, dove fecondano e depongono le uova prima di fare ritorno negli ambienti più asciutti.
Il Sentiero
II S.I.C. IT3120088 - Palù di Monterovere è stato inserito nella categoria delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), aree protette lungo le rotte migratorie dell'avifauna, finalizzate al mantenimento e alla conservazione di habitat idonei per la gestione delle popolazioni di uccelli selvatici migratori.
Tali aree sono state individuate dagli stati membri dell'UE (Direttiva 79/409/CEE nota come Direttiva Uccelli) e assieme alle Zone Speciali di Conservazione (ZSC) costituiscono la Rete Natura 2000.
Questo sistema di aree protette ha la finalità di favorire la conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell'Unione Europea, e in particolare di tutelare una serie di habitat, specie animali e vegetali, ritenute bisognose di protezione a livello continentale.
L'area che include la zona paludosa viene identificata come Malga Laghetto.
Data visita: 02/06/2025
Data pubblicazione: June 19, 2025
Autore: Corrado De Zanche