Anello di Monte Corno - Percorso del rosso ammonitico

Anello di Monte Corno - Percorso del rosso ammonitico

Piccolo labirinto naturale, trincee e un cimitero militare Britannico (m 1383)

 

Zona: Altopiano dei 7 Comuni o di Asiago
Ore a piedi: 1,10
Difficoltà: T - Turistico
Ulteriori dettagli ,    Mappa e GPX

Questo semplice percorso ci porta a scoprire la geologia e la storia bellica di questo luogo con un panorama che, in giornate particolarmente limpide, permette di vedere Venezia e addirittura le coste oltre il mar Adriatico!

Il percorso inizia con un monumento commemorativo dedicato ai "14 della Speer", quattordici autisti italiani dell'Organizzazione Todt-Speer che, tra il 6 e il 7 settembre 1944, furono catturati e brutalmente uccisi dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana durante un rastrellamento nazifascista noto come Operazione Hannover. (fonte pietredellamemoria.it)

I trucidati della Speer

I trucidati della Speer

Da Bocchetta Granezza si prosegue in salita verso est in direzione della malga monte Corno.

Dettaglio della strada verso la malga Monte Corno

Dettaglio della strada verso la malga Monte Corno

Raggiunta la malga si rimane sulla strada a sinistra verso il monumento a forma di Vele, il percorso è ben segnalato.

La malga e la Vela

La malga e la Vela

Si prosegue a sinistra

Si prosegue a sinistra

Una piccola deviazione ci permette di avvicinarsi alle Vele un monumento al Milite Ignoto, eretto nel 1970 in memoria dei caduti della Seconda Guerra Mondiale. Questo monumento è composto da quattro vele in cemento che si intrecciano, visibili anche dalla pianura sottostante e con una base a forma di croce, simbolo di sacrificio e memoria. L'altezza è di circa 26 metri.

Monumento al Milite Ignoto

Monumento al Milite Ignoto

AL CADUTO IGNOTO PER LA LIBERTÀ

AL CADUTO IGNOTO PER LA LIBERTÀ

Da qui ci dovrebbe essere un bel panorama, almeno così sembrerebbe dalle tabelle:

Tabelle panoramiche

Tabelle panoramiche

Tabelle panoramiche

Tabelle panoramiche

Quel giorno invece era così:

Panorama dal Monte Corno

Panorama dal Monte Corno

Ma posso assicurare che a volte si può vedere la laguna di Venezia.

Il percorso prosegue su strada sterrata per circa 700 metri fino a trovare sulla destra il labirinto di Monte Corno.

Dettaglio della strada

Dettaglio della strada

Nei pressi del labirinto

Nei pressi del labirinto

Verso il labirinto

Verso il labirinto

Si segue il percorso all'interno del labirinto, segnalato da delle piccole tavolette rosse con il disegno di un'ammonite.

Nel labirinto

Nel labirinto

Nel labirinto

Nel labirinto

Queste formazioni naturali sono state utilizzate durante la Grande Guerra anche come trincee, rinforzate e armate in alcuni punti.

Postazione per mitragliatrice

Postazione per mitragliatrice

Lungo gli stretti passaggi si arriva anche sulla cima del monte, segnalata da una tabella.

Nel labirinto

Nel labirinto

In cima al Monte Corno

In cima al Monte Corno

Terminato il percorso nel labirinto ci si ricongiunge alla strada e si prosegue verso destra.

Incrocio con la strada sterrata

Incrocio con la strada sterrata

Dopo aver superato il Bosco degli Ingegneri il percorso prosegue su un sentiero che esce a sinistra dalla strada.

Bosco degli Ingegneri

Bosco degli Ingegneri

Inizio del sentiero verso le trincee

Inizio del sentiero verso le trincee

Si attraversa il bosco fino ad arrivare alle prime trincee. 

Ingresso nel bosco

Ingresso nel bosco

Nel bosco

Nel bosco

Trincea

Trincea

Trincea

Trincea

Proseguendo si raggiunge una trincea abilmente ricostruita, con i cavalli di frisia, sacchetti di sabbia e una postazione per fuciliere.

Trincea ricostruita

Trincea ricostruita

Trincea ricostruita

Trincea ricostruita

Scudo per fuciliere

Scudo per fuciliere

Il 29 giugno 2025, a cura della 22ª Compagnia Autonoma Skiatori, è stato possibile rivedere anche come si viveva in trincea. 

Fuciliere in postazione

Fuciliere in postazione

Fuciliere in postazione

Fuciliere in postazione

Proseguendo il percorso si incontra l'ingresso di una galleria. Scesa la scaletta e con un po' di difficoltà ad entrare, è possibile percorrerla fino ad uscire in prossimità della strada.

Verso la galleria

Verso la galleria

Scaletta

Scaletta

Ingresso della galleria

Ingresso della galleria

Interno della galleria

Interno della galleria

Uscita della galleria

Uscita della galleria

Uscita della galleria

Uscita della galleria

Non è necessario entrare per forza nella galleria, il sentiero prosegue comunque.

Arrivati alla strada si prosegue a sinistra.

Dettaglio della strada

Dettaglio della strada

Poco prima di raggiungere la strada asfaltata il sentiero esce a sinistra per raggiungere il cimitero di guerra britannico.

Sentiero verso il cimitero

Sentiero verso il cimitero

In vista del cimitero

In vista del cimitero

Una tabella riporta: "Il suolo di questo cimitero è stato donato dal popolo italiano per l'eterno riposo dei soldati delle armi alleate caduti nella guerra 1914-1918 e che sono qui onorati".

Cimitero Britannico

Cimitero Britannico

Cimitero Britannico

Cimitero Britannico

Dopo la visita al cimitero si scende verso la strada asfaltata e si prosegue a sinistra verso il parcheggio.

Tatthenam Corner

Tatthenam Corner


Come si raggiunge:

Usciti dal centro abitato di Asiago (VI) in direzione di Bassano, passato l'ospedale, proseguite per altri 500 mt e prendete la strada a fondo naturale sulla destra. Proseguite la strada per altri 5 km fino al rifugio di Monte Corno. Proseguite a piedi verso il monumento ai caduti e al primo incrocio tenete la sinistra.

 

Apri la mappa Google per il calcolo itinerario


Mappa e traccia GPS:

Mappa e traccia Anello di Monte Corno - Percorso del rosso ammonitico

Anello di Monte Corno - Percorso del rosso ammonitico

SCHEDA PERCORSO

Zona:

Altopiano dei 7 Comuni o di Asiago

Provincia / Comune:

Vicenza / Lusiana

Categoria:

Montagne

Tipologia:

Naturalistico, Paesaggistico, Storico, Panoramico

Periodo storico:

Prima Guerra Mondiale

Coordinate punto di arrivo:

45.812962 - 11.536680
(45°48'46" N - 11°32'12" E)

Coordinate parcheggio:

45.805541 - 11.533994
(45°48'19" N - 11°32'2" E)

Altitudine di partenza (m):

1265

Altitudine di arrivo (m):

1383

Altitudine minima (m):

1258

Altitudine massima (m):

1378

Dislivello (m):

119

Difficoltà del percorso:

T - Turistico

Ore a piedi:


(complessive, esclusa visita)
1 ora 10 minuti

Km totali:

3,70

Come si raggiunge:

A piedi, In mountain bike

Tipo di tragitto:

Percorso di ritorno coincide con quello di andata

Natura e Ambiente:

(tratta dai tabelloni in loco)

MALGA CORNO
LE MALGHE E I PASCOLI DEI VERSANTI MERIDIONALI.
Ci troviamo nei pressi di Malga Corno, a quota 1327 m, nella quale, nell'estate del 1946, fu inventato il formaggio a latte crudo chiamato "Grasso Monte", oggi conosciuto in tutto il mondo come "Pressato di Asiago". L'ambiente è caratterizzato, sia ad est che ad ovest di Bocchetta Granezza, dalla presenza di diverse altre malghe (Malga Mazze superiori e inferiori, Malga Campo est, l'ex Malga Campo ovest); i relativi pascoli sono prevalentemente rivolti a mezzogiorno e questo garantisce, nonostante la quota, un clima piuttosto mite ed una minore persistenza della copertura nevosa durante la stagione invernale. Anche per questo i prati presentano una varietà di colori e aromi che si susseguono dagli albori della primavera fino all'autunno.
I terreni, poco profondi, sono spesso ingombri di massi affioranti in disfacimento di rosso ammonitico, la roccia giurassica qui ben rappresentata. A rompere la continuità dei prati vi sono poi, ben visibili nonostante il tempo trascorso, i solchi delle trincee, dei camminamenti e delle postazioni d'artiglieria che l'esercito italiano e gli alleati inglesi e francesi scavarono ed utilizzarono durante la Grande Guerra.
Di assoluto interesse il panorama che da qui si può godere: la vista spazia infatti sulla pianura veneta fino alla laguna di Venezia e, nelle giornate più limpide, all'Istria e all'Appennino tosco romagnolo e tosco-emiliano.

IL LABIRINTO DI MONTE CORNO
Ci troviamo nelle vicinanze della massima elevazione di Monte Corno (1383 m). Qui la natura ha scavato dei profondi solchi nei duri calcari di Rosso Ammonitico (roccia del periodo giurassico caratterizzata generalmente da una notevole frequenza di ammoniti fossili), formando corridoi che attraversano blocchi squadrati di roccia.
Percorrere questi camminamenti è come attraversare le vie anguste di una città con quartieri di roccia abitati da piante e animali. In questa città non mancano punti panoramici, verso ovest, dove si apre l'ampia area prativa derivante dalla ricomposizione di una ex cava di marmo; sulla parte più orientale della stessa è stato salvaguardato l'accesso alla voragine carsica denominata "Buso del Corno", esplorata dal Gruppo speleologico Settecomuni, che presenta uno sviluppo di 134 metri ed una profondità di 71 metri.
Ai margini di questa piccola area si trovano due interessanti postazioni a forma circolare, con relativi gradini di accesso, scavate durante la Grande Guerra direttamente sui blocchi di roccia affioranti, ideali per l'osservazione delle sottostanti vallate e per l'eventuale posizionamento di mitragliatrici.

MONTE CORNO E IL ROSSO AMMONITICO
Proseguendo il percorso in direzione Sud si perviene alla cima del Monte Corno (1383 m), una zona di grande interesse dal punto di vista geologico. Qui infatti la natura ha scavato dei profondi solchi nei duri calcari di Rosso Ammonitico, formando corridoi che attraversano blocchi squadrati di roccia. 

Il rosso ammonitico
Con il termine "rosso ammonitico" si identifica una roccia costituita da calcari e calcari marnosi mal stratificati caratterizzati dal colore rosso o rosato e, generalmente, da una notevole frequenza di ammoniti fossili.
Le ammoniti erano animali di ambiente marino, caratterizzati da una conchiglia esterna composta prevalentemente di carbonato di calcio; costituivano un gruppo di molluschi cefalopodi estinti, comparsi nel Devoniano Inferiore (circa 400 milioni di anni fa) ed estintisi intorno al limite Cretaceo Superiore-Paleocene (65 milioni di anni fa) senza lasciare discendenti noti. 
La conchiglia delle ammoniti ha in generale la forma di una spirale avvolta su un piano, ed è proprio questa caratteristica ad aver determinato il loro nome. L'aspetto di questi animali, infatti, ricorda vagamente quello di un corno arrotolato, come quello di un montone; essendo il dio egizio Amon comunemente raffigurato come un uomo con corna di montone, il celebre studioso romano Plinio il Vecchio (autore del trattato Naturalis Historia) definì i fossili di questi animali ammonis cornua, "corni di Ammone".
Le ammoniti sono considerate i fossili per eccellenza, tanto da essere spesso utilizzati come simbolo grafico della paleontologia. Per la loro straordinaria diffusione nei sedimenti marini di tutto il mondo e la loro rapida evoluzione, con variazioni nette nella morfologia e nell'ornamentazione della conchiglia, le ammoniti sono fossili guida di eccezionale valore e sono utilizzate in stratigrafia per la datazione delle rocce sedimentarie.

 


Storia:

(tratta dai tabelloni in loco)

MONTE CORNO
Nessun evento della sua storia recente modificò radicalmente la morfologia dell'Altopiano dei Sette Comuni quanto la Prima Guerra Mondiale. Prati, boschi, accessibilità, forniture idriche, la stessa planimetria degli insediamenti urbani, per non parlare dei singoli edifici, uscirono dal conflitto completamente trasformati. Della metà della sua superficie che prima della guerra era ricoperta di boschi, l'80% cadde vittima del conflitto: buona parte venne utilizzata per ricavarne il materiale indispensabile alla costruzione delle baracche e dei depositi; un'altra considerevole percentuale venne distrutta dalle preparazioni di artiglieria, soprattutto del 10 e 19 giugno del 1917; si salvò soltanto, e anch'essa non completamente, grazie alla protezione e al mascheramento che offriva alle linee e alle piazzole delle artiglierie, la forestazione del bordo meridionale dell'Altipiano. Se un guadagno ci fu, esso riguardò, come ricordava l'altopianese Vittorio Corà, uno degli studiosi più attenti e sensibili di questi aspetti, la rete stradale che, limitata in precedenza al complesso di soli tre accessi principali dalla pianura e dalla Val d'Astico, vide la realizzazione della "strada della fratellanza", da Bassano, e la moltiplicazione delle vie d'approccio sia alla parte meridionale, sia a quella settentrionale, qui ad opera anche dell'esercito austro-ungarico, per uno sviluppo complessivo di quasi 400 km di strade che, a distanza di un secolo dalla loro realizzazione, appaiono in uno stato di conservazione straordinario. Meno evidente oggi, anche per le successive distruzioni, ma di importanza essenziale all'epoca, fu la realizzazione di una rete di acquedotti e di condotte idriche, capaci di superare il momento critico iniziale prodotto dall'invasione austro-ungarica del 1916 e di garantire l'indispensabile rifornimento a truppe e quadrupedi fino alle estreme posizioni settentrionali di cima della Caldiera.

Foto storica

Foto storica

LOCALITÀ GRANEZZA
Alla fine di marzo del 1918 la 23a Divisione di fanteria britannica abbandonava la pianura vicentina per salire sull'Altopiano, dove avrebbe combattuto per il resto della sua permanenza sul fronte italiano. Dobbiamo le impressioni di quel primo contatto con la montagna al diario di uno dei suoi ufficiali, Norman Gladden: "I piccoli ma potenti automezzi Fiat filavano sulle strade in salita e in breve superammo le colline e ci trovammo in piena montagna. Fu un viaggio emozionante.
Il sole scomparve e un freddo penetrante ci avvolse. Sui pendii apparvero le prime chiazze di neve e un vento gelido ci fischiò agli orecchi. Arrivati a una svolta brusca della strada, fummo depositati ai nostri accantonamenti, che erano baracche sepolte nella neve. La nostra, divisa orizzontalmente per raddoppiare i posti letto, non era certo a prova di intemperie, ma eravamo abbastanza stipati per scaldarci a vicenda. [...] L'indomani mattina ci trovammo a marciare per la prima volta fra abeti e grossi massi, su una strada di montagna coperta di ghiaccio e ondulata.
Dovevamo fare proprio la figura di alpinisti da quattro soldi, slittando e scivolando col nostro pesante carico sull'insidiosa superficie stradale. Ma intorno non c'era anima viva e nessun occhio indiscreto assisté alla nostra penosa esibizione. Poi naturalmente diventammo esperti. Raggiungemmo la posizione delle riserve alle due del pomeriggio [...] Faceva un freddo terribile e ripensavamo con molta nostalgia al bel sole di Quinto [vicentino]. Gli abeti, che si ergevano come nere sentinelle minacciose fra le rocce nude, non sembravano promettere alcunché di buono. Eppure non c'erano tracce di attività nemica nei dintorni."

Foto storica

Foto storica

BRITANNICI A GRANEZZA 1918
In questo cimitero di guerra britannico della Prima Guerra Mondiale, la prima lapide della seconda fila a sinistra, reca inciso il nome di Edward Brittain, Capitano degli "Sherwood Foresters", caduto nelle prime fasi dell'attacco austriaco, il 15 Giugno 1918. Il suo ricordo è legato alla sorella Vera, che nel 1933 diede alle stampe il libro "Testamento di gioventù", che divenne in breve tempo un best seller nei paesi di lingua inglese. Vera Brittain, crocerossina volontaria sul Fronte Occidentale in Francia, in questa lucida e appassionata autobiografia, narra con sensibilità tutta femminile, l'immane tragedia di una guerra che inghiottì un'intera generazione, "La Generazione Perduta". Vera Brittain, perse il fratello, il fidanzato Roland Leighton e numerosi cari amici, appena ventenni. In Francia, lei ragazza dell'agiata borghesia inglese, visse gli orrori della guerra come testimonia questa lettera alla madre: "In questo momento abbiamo molti casi di colpiti da gas. Chi scrive così inconsciamente di questa guerra come se fosse una guerra santa, e gli oratori che esortano ad andare avanti, potessero vedere un caso di avvelenamento a gas irritante nella prima fase, potessero vedere i poveretti ricoperti da vesciche e bruciature, accecati, talvolta in modo momentaneo, talvolta permanentemente, con gli occhi incollati, col respiro affannoso, sussurrando che la gola si chiude e che sanno di soffocare".

Poi, come accadde milioni di volte in quegli anni, il pomeriggio del 22 Giugno 1918, mentre assieme al padre stava per finire il Tè, furono interrotti da un improvviso e deciso bussare sulla porta. Vera si recò ad aprire l'uscio, e le venne consegnato un telegramma, che aprì e lesse con angoscia lacerante: "Siamo spiacenti di informarvi che il Capitano Edward H.Brittain è stato ucciso in azione. Italia, 15 Giugno". Visitò la tomba del fratello a Granezza nel 1921, e dopo una vita dedicata all'impegno politico e sociale oltre che alla sua attività di scrittrice, morì il 29 Marzo 1970. Il suo desiderio, espresso poco dopo la morte di Edward fu esaudito, e dopo la cremazione, nel Settembre dello stesso anno, le sue ceneri furono portate in Italia dalla figlia Shirley, e sparse accanto alla lapide del fratello nel cimitero di Granezza. In questo gesto estremo, è racchiuso il profondo affetto di Vera, per l'amato fratello Edward.

Nel visitare un cimitero di guerra britannico, in questo caso risalente alla Prima Guerra Mondiale, non è raro trovare, appoggiati ad una lapide o al monumento che si trova sul lato opposto all'entrata, dei papaveri di plastica in forma di singolo fiore o in forma di corona, oppure una piccola croce di legno, la "Poppy Cross", con al centro un elemento di colore rosso che rappresenta appunto il papavero. Talvolta questi oggetti sono accompagnati da un biglietto con qualche frase, lasciato dai discendenti del soldato o ufficiale che perse la vita in Italia nel 1918. Il papavero è infatti, nel Regno Unito, il simbolo dei caduti di tutte le guerre. Questa usanza risale alla fine della Grande Guerra e ogni anno, nel giorno 11 novembre, data dell'Armistizio, si celebra quella ricorrenza portando sull'abito qualcosa che ricorda il fiore scarlatto. Il papavero cresce anche in condizioni difficili, come ad esempio sulle piatte distese di fango delle Fiandre, tra Francia e Belgio, dove le armate britanniche combatterono dal 1914 al 1918, in gigantesche battaglie alle quali parteciparono, prima di giungere in Italia, alcuni dei caduti che riposano in questo cimitero e fra questi Edward Brittain e il Tenente Colonnello Knox.
Il suo colore ricorda il sangue versato su quelle terre e fu un ufficiale medico canadese, John McCrae, a comporre già nel Dicembre del 1915 una poesia che è diventata simbolo di quel simbolo.

Sui Campi delle Fiandre
Sui Campi delle Fiandre sbocciano i papaveri 
Tra le croci che ci segnano il posto, 
Una fila dopo l'altra; e nel cielo volano
Le allodole, cantando impavide, 
Appena udite tra i cannoni, in basso.
Noi siamo i Morti. Pochi giorni fa eravamo vivi, 
Ci sorrideva l'alba, ci affascinava il tramonto, 
Amavamo ed eravamo amati.
E adesso riposiamo sui Campi delle Fiandre. 
Riprendete voi la lotta col nemico:
A voi passiamo la torcia, con le nostre 
Mani cadenti, e sian le vostre a tenerla alta.
E se non ci ricorderete, noi che moriamo 
Non dormiremo, anche se i papaveri 
Cresceranno sui Campi delle Fiandre.


Da Marzo a Novembre dell'anno 1918, Granezza fu sede e comando di una delle tre Divisioni che costituivano il "Corpo di Spedizione Britannico", giunto dalla Francia in aiuto degli italiani, dopo l'emergenza creatasi con la sconfitta di Caporetto. Oltre ai comandi, ai depositi e agli alloggiamenti per le truppe, a Granezza si trovava anche un piccolo teatro, che assieme alle partite di calcio tra i vari battaglioni, rappresentavano lo svago per le truppe in riposo nelle retrovie. Le prime linee venivano raggiunte percorrendo la strada del Barenthal. Nei giorni 15 e 16 Giugno 1918, quando infuriò la battaglia, in quest'area si trovava la 23° Divisione, schierata lungo la prima linea di S.Sisto, (dietro l'attuale ospedale di Asiago) e composta dai seguenti battaglioni: 10/11 Northumberland Fusiliers; 12/13 Durham Light Infantry; 11 West Yorkshires; 8/9 Green Howards; 10 Duke of Wellington's; 11 Sherwood Foresters; 8/9 York & Lancaster; 8 Koyli; 9 South Staffordshires (genieri). Ecco la testimonianza di un mitragliere dell'11 Northumberland Fusiliers, Norman Gladden, che ricorda l'arrivo a Granezza: "Fummo accolti al nostro arrivo da una razione di pane vero, che non mangiavamo da giorni, ma per il resto c'era poco da stare allegri. In questa stagione Granezza era molto triste. L'indomani del nostro arrivo era la domenica di Pasqua e ci allineammo sulla neve per il servizio religioso. Ci sentivamo gelare a poco a poco e temo che alle preghiere si mescolassero parecchi moccoli, ma il cappellano fece del suo meglio".

Il Tenente Colonnello James Meldrum Knox, fu un coraggioso e capace ufficiale britannico, che si distinse nei violentissimi scontri del 15-16 Giugno 1918, quando gli austriaci sferrarono su tutto il fronte italiano, l'offensiva poi denominata "Battaglia del Solstizio". Nel settore tenuto dai britannici sull'Altopiano dei Sette Comuni, gli austro-ungarici sfondarono nell'area della 48° Divisione, alla quale apparteneva Knox, avanzando dalle prime linee britanniche del Gelpach, per oltre 2 Km, nell'area del Boscon, nei pressi di Cesuna. Fra le varie azioni di resistenza, particolarmente incisiva fu quella del 7° Royal Warwickshire Regiment, comandato dal Tenente Colonnello Knox, che arginò e poi respinse l'offensiva nemica con un energico contrattacco. Nato a Nuneaton, in Inghilterra, nel 1878, morì il 23 Settembre 1918, durante un bombardamento d'artiglieria austriaca, nelle prime linee di S.Sisto, e per questo è sepolto nel cimitero militare britannico di Granezza. Nell'immediato dopoguerra, per volontà della famiglia, venne eretta una stele commemorativa, in memoria del proprio caro e dei caduti della 143° Brigata, alla quale apparteneva il 7° Royal Warwickshire Regiment.

 

I POILUS
"Les Poilus", in italiano i pelosi. Così venivano chiamati i soldati francesi della Prima Guerra Mondiale, poiché avevano quasi tutti barba e baffi. Dalla primavera del 1918 questi soldati erano impegnati, assieme agli inglesi, a dar man forte all'esercito italiano a seguito dell'avanzata austro-ungarica, quando la linea di difesa si era spostata a sud e si sviluppava dalla Val d'Astico alla Valle del Brenta sul bordo meridionale dell'Altopiano dei Sette Comuni, come ultimo baluardo e difesa della sottostante pianura. Lungo tale linea si trovarono a combattere un totale di circa 60.000 soldati di varie nazionalità, a testimoniare in modo emblematico il carattere mondiale del conflitto.
L'area di M.te Corno e Granezza, dopo essere stata nel 1916 un importante nodo logistico dell'esercito italiano e sede del comando di divisione, fu pertanto interessata dalla presenza del XII° corpo d'armata francese, con due divisioni di fanteria oltre alle batterie di artiglieria dislocate in prossimità della linea di resistenza predisposta sulla dorsale tra Monte Corno e Cima Mosca, e di un corpo d'armata britannico con tre divisioni.
A testimonianza di tali vicende rimangono, talvolta celate nell'ombra dei boschi, evidenti resti di opere, trincee, postazioni di mitragliatrice, di contraerea, caverne, osservatori e cimiteri di guerra, che si susseguono per chilometri e chilometri lungo tutto il fronte.
Proseguendo si giunge ad un breve tratto di trincea che è stato recuperato e allestito sulla base della documentazione fotografica disponibile e della suggestiva descrizione della "Feritoia 14" sul fronte di Monte Zebio fornita da Emilio Lussu in "Un Anno sull'Altipiano": Passammo di fronte alla feritoia n. 14. - Questa, - spiegai, - è la più bella feritoia del settore, ma serve solo di notte, quando gli austriaci impiegano i razzi. Di giorno, è proibito guardare. Parecchi ufficiali e soldati vi sono stati uccisi o feriti. Il nemico vi ha aggiustato il tiro con un fucile a cavalletto e vi è in permanenza un tiratore. I soldati, per divertirsi, vi fanno apparire dei pezzi di legno o di carta, delle monete fissate a un bastoncino, e il tiratore infila sempre il foro della feritoia e colpisce il bersaglio.
Guardammo entrambi la feritoia. Essa non era piú, come una volta, praticata nel muro e chiusa con un sasso. I soldati vi avevano collocato una feritoia scudata, trovata nelle rovine d'Asiago. Era una pesante lastra d'acciaio con un foro per l'osservazione, che si poteva aprire e chiudere con un otturatore egualmente d'acciaio. lo sollevai l'otturatore, tenendomi discosto e attesi il colpo. Ma il tiratore non sparò. -La vedetta dorme, - disse il tenente.
Lasciai cadere l'otturatore sul foro e lo risollevai di nuovo. La luce del sole passò nel foro come il fascio luminoso d'un riflettore. Un fruscio attraversò l'aria, accompagnato da un colpo di fucile. La pallottola aveva infilato il foro.


Data visita: 15/08/2008, 08/06/2025
Data pubblicazione: 30 Dicembre 2008
Ultimo aggiornamento: 06 Luglio 2025

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