Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Osservatorio italiano della Grande Guerra (m 2049)

 

Per raggiungere Cima Manderiolo (Mandriolo) si prosegue per il sentiero nr.205 che da Porta Manazzo prosegue verso il Vezzena lungo il costone che delimita la fine dell'altopiano di Asiago con la Valsugana si raggiunge in circa un'ora Cima Manderiolo.

Il sentiero non è sempre facile, in alcuni punti ripido ed in altri molto stretto, ma è molto interessante perché varia da bosco a prato e con dei passaggi proprio al limite del costone della montagna, dove ci sono degli scorci meravigliosi.

Un altro modo più facile per arrivare alla cima, e che fanno in molti, è proseguire da Porta Manazzo lungo la strada sterrata che porta in Vezzena. Dopo una decina di minuti sulla destra si incontra una strada con tanto di indicazione per Cima Manderiolo.

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Altre foto del sentiero

In cima!

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Il panorama era stupendo, insieme a noi tanta altra gente ammirava questo spettacolo.

Levico e Caldonazzo, i ghiacciai ....

Cima Manderiolo - Levico e Caldonazzo

Cima Manderiolo - Levico e Caldonazzo

Cima Manderiolo - Panorama

Cima Manderiolo - Panorama

Cima Manderiolo - Cima Vezzena, Levico e Caldonazzo

Cima Manderiolo - Cima Vezzena, Levico e Caldonazzo

Altri panorami

ma anche il forte Vezzena e la piana del Vezzena, il forte Luserna, i Fiorentini ....

Cima Manderiolo - Forte Vezzena

Cima Manderiolo - Forte Vezzena

Cima Manderiolo - Vezzena

Cima Manderiolo - Vezzena

Lungo quasi tutto il sentiero abbiamo trovato trincee e postazioni da mitragliatrice ma quasi tutte ricoperte dal terreno e dalla vegetazione. Rimane però visitabile la grotta osservatorio (leggi le note storiche).

Cima Manderiolo - resti di trincee

Cima Manderiolo - resti di trincee

Cima Manderiolo - ingresso all'osservatorio

Cima Manderiolo - ingresso all'osservatorio

Cima Manderiolo - osservatorio

Cima Manderiolo - osservatorio

Cima Manderiolo - osservatorio

Cima Manderiolo - osservatorio

E qui il sentiero verso il Vezzena:

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo

Cima Manderiolo


Come si raggiunge:

Da Asiago in direzione Trento sulla S.S. 349, usciti dall'abitato di Camporovere proseguendo per circa 10 km, passata l'Osteria del Ghertele, dopo una curva a destra si trova la strada che porta a Larici - Rif.Formica. Si prosegue per altri 6 km fino a Malga Larici di Sotto.


Mappe Interattive:

Cima Manderiolo

SCHEDA PERCORSO
Zona:Altopiano dei 7 Comuni o di Asiago
Provincia / Comune:Vicenza / Roana
Categoria:Montagne
Tipologia:Naturalistico, Paesaggistico, Storico, Panoramico
Periodo storico:Prima Guerra Mondiale
Coordinate punto di arrivo:45.984006 - 11.377693
(45°59'2" N - 11°22'39" E)
Coordinate parcheggio:45.978500 - 11.397350
(45°58'42" N - 11°23'50" E)
Altitudine di partenza (m):1750
Altitudine di arrivo (m):2049
Dislivello (m):320
Difficoltà del percorso:E - Escursionistico
Ore a piedi:
(andata e ritorno, esclusa visita)
2 ore
Km totali:4,50
Come si raggiunge:A piedi


Traccia GPS:

Traccia Cima Manderiolo


Storia:

(tratta da Schaumann - La grande guerra 1915/18)

Provenendo da tutte le parti della Monarchia danubiana e da ogni fronte i mezzi di trasporto austriaci carichi di soldati, percorrevano in una colonna quasi ininterrotta la valle dell'Adige per raggiungere i centri di smistamento. Il contingente di truppe andava aumentando di giorno in giorno ed ogni reparto si dirigeva ad occupare il proprio settore. Per notti intere le batterie salivano lungo le ripide strade di montagna verso le alture. Le notti risuonavano di rumori assordanti, passi cadenzati di colonne in marcia, scricchiolii di briglie e di redini, rimbombi di locomotori e di autocolonne. Quando l'alba si affacciava sulla vetta Leve, sulla Cima Vezzena e sugli altri monti di confine, i rumori cessavano quasi improvvisamente. Anche agli osservatori italiani il paesaggio offriva il suo aspetto consueto. Ma non appena ritornava l'oscurità della notte nuove colonne si mettevano in marcia e la serie di automeZzi e cannoni era interminabile. Dalla Valsugana si presentava per la prima volta minacciosa contro l'Italia la forza concentrata di un'armata d'assalto austriaca. Il suo urto doveva aprire un varco attraverso monti e valli fino alla pianura veneta. Ma le violenti nevicate e i1 disgelo straordinariamente in ritardo avevano ormai più volte costretto gli Austriaci a rinviare la data dell'attacco. Il massiccio spostamento di truppe, alla lunga, non era rimasto inosservato agli Italiani; il comando austriaco perciò mirava ora ad eliminarne i più importanti punti di controllo; in questo modo sperava di tener nascosti il più possibile i dettagli dei preparativi. Nella primavera del 1916 perciò venne costituito un distaccamento alpino agli ordini del ten. Enrich; questi ebbe l'incarico di snidare gli osservatori italiani dalla Cima Mandriolo. Una volta occupata la cima da parte del distaccamento alpino, l'ala sinistra del gruppo Ellison avrebbe stabilito il congiungimento con il gruppo Enrich. Per portare a termine l'impresa con maggior sicurezza si ingaggia quale consigliere il barone von Hippoliti, tenente dei Landesschùtzen e ottimo esperto di quel settore.

La sera del 17 maggio il ten. Enrich parte da Levico con le sue truppe. Hanno davanti a sé una lunga marcia; devono percorrere innumerevoli serpentine per raggiungere quota 1555 a nord della Cima Mandriolo. Gli zaini sono pesanti. Ognuno porta un completo equipaggiamento da montagna e 200 colpi più 5 porzioni di riserva. Ben presto la frescura della notte viene compensata dal calore provocato dall?ardua salita. L'ufficiale, in testa alla lunga colonna silenziosa dei suoi soldati procede con un regolare passo di marcia. La Valsugana alle loro spalle è sempre più lontana. In basso, di quando in quando, lo sparo isolato di una sentinella o il breve crepitio d?una mitragliatrice. La luce scialba di un razzo solca il fondo valle, guizzo sui reticolati e sui cavalli di Frisia ed illumina per un istante i bianchi ruderi di un casolare. Poi l'oscurità torna a regnare sovrana. Ad intermittenza quasi regolare si odono provenienti dal territorio di Primolano le scariche delle pesanti batterie italiane cui fa eco in lontananza il fragore dei bersagli colpiti; si tratta di manovre d?interdizione contro le linee di rincalzo austriache, i soldati procedono incuranti di quanto accade attorno a loro; il tutto rientra nella normalità della vita al fronte.

Ai lati del sentiero baracche e caverne; un breve richiamo da parte di una sentinella e il distaccamento attraversa l'accampamento delle riserve. La salita continua; il bosco accanto, fitto ed oscuro, sembra una quinta di teatro. I soldati abituati alla montagna, procedono con disinvoltura sul sentiero accidentato. Dopo un'ora di cammino il bosco si fa meno fitto e attraverso le fronde si delinea sempre più netto sullo sfondo del cielo l?oscuro profilo della catena montuosa. Sulla sinistra si estende un avvallamento in cui è piazzata una batteria da montagna. Le munizioni, accatastate in lunghe file, sono ormai pronte per il fuoco tambureggiante che dovrà accompagnare l'inizio dell'offensiva. Si apre la porta di una baracca, il caldo raggio di una lampada a petrolio fende per un istante l'oscurità, poi la porta si richiude. Il distaccamento, sempre con passo sicuro e ben ritmato, procede ora lungo le serpentine che si inerpicano sempre più ripide verso la mèta. Quando spunta il nuovo giorno i soldati hanno già superato il bosco e avanzano nella sterpaglia dei mughi. Alcune lingue di neve scendono lungo i fianchi del monte e il ghiaccio ostruisce crepacci ed avvallamenti. Nelle prime ore del mattino il distaccamento raggiunge l'ultimo avamposto a quota 1555 e qui deve attendere l'ordine di attaccare. Viene celermente approntato un bivacco a ridosso delle rocce e al riparo dai venti.

Il 19 maggio, di buon mattino, i ten. Enrich e Hippoliti accompagnati dal s.ten. Hoftherr, lasciano il bivacco per esplorare la zona ed individuare una via d'accesso alla Cima Mandriolo. Protetti da massi e da mughi i tre ufficiali riescono a raggiungere un punto dal quale si può osservare molto bene la parete Nord che si erge a perpendicolo davanti a loro.

Lassù, dove il cielo si stacca dall?orlo del precipizio, ci devono essere delle sentinelle italiane e non lontano le guarnigioni d'appoggio devono avere il loro caposaldo. La parete viene scrutata e studiata metro per metro. Dopo numerose ed inutili ricognizioni, finalmente i tre si accordano su un tracciato che dovrebbe esser fuori dalla vista delle sentinelle. Si ritirano poi con tutta cautela per non insospettire gli Italiani e ritornano al piccolo accampamento. Verso sera l'artiglieria austriaca si scatena; le cime dei monti circostanti vengono lacerate dal fuoco tambureggiante; schegge sibilano nell'aria mentre massi enormi rovinano fragorosamente lungo i pendii. Il distaccamento è sempre in attesa del segnale d'attacco. Il fuoco prosegue senza posa.

Alle ore 4 del 20 maggio ecco uno squillo di telefono nell'avamposto. Comunicazione: «Il col. Ellison ordina personalmente al ten. Enrich di dare immediatamente inizio all'operazione» Primo ad abbandonare il campo-base è il S.ten. Hofherr con un gruppo di scalatori scelti. Gli altri seguono a brevi intervalli. Allo spuntar del giorno il distaccamento raggiunge inosservato l?attacco della parete Nord. Le rocce si ergono davanti a loro per quasi 500 metri. E' il punto più pericoloso dell'operazione.

La probabilità di successo consiste nella speranza che il distaccamento riesca a portare a termine la scalata senza essere notato. Uno dopo l'altro i soldati attaccano la parete. La roccia solida e maneggevole permette per buoni tratti una scalata scorrevole; i soldati, in silenzio assoluto ed evitando ogni rumore e caduta di sassi avanzano sempre più verso l'alto. Sotto, il sentiero si perde ormai fra dirupi e balze coperte di mughi. Ma la fine della parete sembra ancora tanto lontana. Lassù, sulla vetta non c'è alcun segno apparente di vita.

Eppure ognuno sa che basta una pur minima disattenzione per essere spacciati. Si perde anche il concetto di tempo e di spazio. Il movimento delle mani alla ricerca di nuovi e sicuri appigli s'è fatto quasi automatico. I piedi si puntano saldi sugli appoggi. Finalmente la mèta è vicina e i primi raggiungono stremati la vetta. I soldati, uno dopo l'altro, si gettano a terra con un sospiro di sollievo. Un rapido sguardo verso l'altipiano conferma che le linee italiane sono tuttora bersagliate dal fuoco delle batterie austriache. A volte settori interi scompaiono fra il fumo e la polvere. Alle ore 8 anche gli ultimi uomini del distaccamento hanno raggiunto la meta.

Sotto la vetta della Cima Mandriolo, che sta loro di fronte, si distingue nettamente l'oscuro ingresso di una caverna; la protegge un sistema di trincee tatticamente ben dislocate. Il ten. Enrich divide il distaccamento in due gruppi: uno ai suoi ordini, l'altro agli ordini del s.ten. Hofherr.

Ambedue devono dirigersi verso la caverna. Il ten. Hippoliti ha l'incarico di stabilire delle teste di ponte lungo la parete d'accesso appena scalata onde favorire la ritirata in caso di emergenza.

I due gruppi s'incamminano rapidi in direzione della caverna ma a metà strada vengono improvvisamente fermati dal fuoco proveniente da un avamposto italiano sfuggito alla loro osservazione. Il gruppo di Enrich risponde immediatamente al fuoco, mentre quello di Hofherr s'appresta all'assalto. Un ufficiale italiano appare sull'ingresso della caverna, si rende rapidamente conto della situazione e scompare nuovamente all'interno. Prima che questi abbia il tempo di decidere sul da farsi, gli attaccanti si lanciano nelle trincee di protezione. Ora per gli Austriaci la prospettiva di un risultato positivo dell'impresa sta unicamente nella rapidità d'azione. Nelle trincee si arriva ad un breve corpo a corpo e poco dopo i Landesschùtzen si trovano davanti alla porta sbarrata della caverna, in cui si è rinchiusa la guarnigione italiana. Dopo un nutrito lancio di bombe a mano ecco apparire il primo italiano; si arrende titubante; ne seguono altri. Vengono fatti prigionieri due ufficiali e 40 soldati. I Landesschùtzen penetrano nella caverna e si impossessano di una batteria dotata delle più moderne attrezzature. Dalla caverna si distaccano alcuni cunicoli che portano fino all'interno della parete Nord; da qui attraverso le feritoie si ha un ottimo controllo dell'intera Valsugana.

Poco dopo ha inizio un violento fuoco dell'artiglieria italiana piazzata sulla Cima Mandriolo.

Il ten. Enrich manda i prigionieri entro le linee austriache. I Landesschùtzen, sempre sotto il fuoco concentrato dell'artiglieria italiana, tentano una serie di piccoli attacchi. Ma il tentativo dell'ala sinistra del gruppo Ellison, di stabilire il ricongiungimento con la Cima Mandriolo fallisce a causa del fuoco di sbarramento italiano. Il distaccamento risulta così isolato. Verso le ore 18 due battaglioni italiani partono compatti all'attacco. I Landesschùtzen difendono la vetta per circa 30 minuti, ma le munizioni ormai scarseggiano. Frattanto il gruppo Ellison ritenta ancor una volta di penetrare verso la Cima Mandriolo, ma senza esito.

In cima alla vetta la posizione degli assalitori, ormai soli e senza rincalzi, è insostenibile. Non resta altra scelta che la ritirata lungo la parete.

Partono gli ultimi colpi contro gli Italiani che avanzano. Protetti dal fuoco di copertura del gruppo Hippoliti, gli Austriaci attraversano di corsa il pianoro e si apprestano alla discesa. L'ultimo uomo inizia a scendere e già i proiettili sibilano alle spalle e rimbalzano sui massi ai piedi della parete. Cala la nebbia e impedisce agli Italiani di mantenere il contatto con gli uomini del distaccamento austriaco, che esausto ma senza perdite rientra poco dopo alla base.

Una delle missioni speciali che accompagnavano il massiccio spostamento di truppe verso il Sud era stata portata a termine; ma il successo risultò mutilato dalla avanzata troppo lenta del grosso dell'esercito, che non fu in grado di sfruttare questa ed altre situazioni senza dubbio promettenti.


Data visita: 24/08/2007
Data pubblicazione: 18 Novembre 2008

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